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9 Via Sammartino

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Abstract

I bozzetti amati dalla popstar Madonna e gli abiti ispirati alla Sicilia
La popstar Madonna, ritratta come una moderna Giovanna D’Arco, ha scelto i suoi bozzetti per il video “Rebel heart”. Ha lavorato per gli stilisti Dolce&Gabbana, Etro e la maison Versace. Sergio Daricello, nato a Milano da genitori palermitani e tornato in città dopo quasi venti anni di assenza, ha trasferito nelle sue collezioni la passione per il disegno, l’arte e l’architettura. Per alcuni suoi capi che hanno sfilato a Parigi, si è ispirato alla Villa Giulia arricchita nell’800 da Damiani Almeyda. Con Tiziana Capillo, sua socia col pallino della gioielleria artigianale, ha aperto questo atelier fatto di due stanze, laboratorio da un lato ed esposizione/prova dall’altro dove campeggia uno specchio a 3 ante degli anni ’20 da sartoria, regalo di un’amica. Alle pareti, tra foulard ispirati agli angoli di Palermo, manichini e campionari, stampe del ‘700 su Maria Antonietta, sua personale ossessione.
Mappa

Lini, tovaglie, lenzuola tra affreschi e oggetti d’arte
In piazza Croce dei Vespri, nel cuore del mercato arabo dei Lattarini, dove nel 1282 avvenne la rivolta contro gli Angioini, Salvatore Parlato inizia la sua attività a metà Ottocento. La storica Ditta Salvatore Parlato, attiva da ben cinque generazioni, e adesso guidata da Arturo Parlato, ha sede dal 1902 a Palazzo Campofranco. La famiglia Parlato ha dedicato la sua attenzione a questo negozio di rara bellezza, con soffitti affrescati e lampadari di vetro di Murano a tema floreale che vennero acquistati da Francesco Parlato, appassionato d’arte e collezionista, uomo sensibile e attento che ha trasmesso questa passione per la creatività e l’arte ai due figli, Arturo e Andrea. È un’attività storica tra le più antiche della città, dove poter acquistare tovaglie e lini, trapunte e intimo, tra scaffali in metallo e legno che si trovano in un ambiente che è più simile a un museo che a un negozio.
Laboratorio e centro espositivo Ogni visita è una sorpresa
E‘ un luogo fuori da ogni schema, un po’ laboratorio, un po’ centro espositivo, con borse, lampade, cuscini, fotografie, collane. Di sicuro questo laboratorio di design è una fabbrica creativa, una fucina di progetti dove trovare pezzi già pronti o dove commissionare pezzi unici. Ospiti fissi sono Junkle di Ilaria Sposito e Amvisual di Antonio Massara: il connubio tra un’artigiana del riuso che reinventa continuamente forme con i materiali che le capitano tra le mani e un fotografo (analogico) e scrittore alla ricerca di storie nei dintorni. Un laboratorio in continua trasformazione, dove ogni visita non è mai uguale alle precedenti: dagli oggetti ai racconti fotografici, dagli accessori per donna alle sedute e alle lampade in vela riciclata, ma ci sono anche i monili di Elena, di Moma e Azelia Elia. Tutti figli di passione e curiosità.
Un angolo di Belle Epoque progettato da Ernesto Basile
Nascosto nel cuore del centro storico, a due passi dall’Antica Focacceria San Francesco, in via Alessandro Paternostro, sorge, dal 1902, la gioielleria Sutera. Il locale, progettato da Ernesto Basile, per più di un secolo, ha mantenuto la struttura e l’arredamento originario, essendo vincolato come bene storico. Affiancato dalle facciate dei palazzi nobiliari, conta tredici vetrine su via Paternostro, con la facciata e l’insegna nel classico stile verde brillante e oro. Qui gravitava il bel mondo e ancora i “ruggenti anni Venti” si trovano nello stile della cassaforte e negli arredi. Qui si veniva per la perfezione degli orologi di tradizione tedesca e le creazioni di oreficeria della casa. Nel laboratorio si lavora su oro bianco e giallo, pietre preziose e dure. A gestire l’attività è oggi Alfredo Ragonese, nipote per parte di madre di Alfredo Sutera.
L’artigiano-inventore nella caverna di Alì Babà
È una tale confusione di cose e d’avanzi di cose da scoraggiare chiunque volesse prendersi la briga di azzardare un inventario. “La caverna di Alì Babà”, nell’atrio di Palazzo Gravina di Rammacca (ex Filangeri di Santa Flavia), dal 1933, è piena di tutto: vetri, lampadari, oggetti d’altri tempi o un’introvabile resistenza per elettrodomestici. Solo il proprietario, Marcello Lampone, 71 anni, riesce a muoversi con agilità e a trovare ciò che cerca. Oltre a tagliare il vetro, Marcello “inventa”, anzi come lui stesso dice, fa “le cose più assurde e impensabili”: una sedia realizzata con collari per cani, due piccolissimi scaldabagni alti 45 centimetri capaci di riscaldare un litro d’acqua, un orologio che, senza lancette, indica ugualmente le ore e i minuti. Ma attenzione, vende o ripara soltanto a chi vuole lui. Se non gli sei simpatico, non c’è cifra che tenga.
Metalli lavorati a sbalzo e ispirati al Mediterraneo
Le loro creazioni partono da metalli non di pregio come ottone, rame, alluminio, alpacca e argento ma nelle mani della artigiane orafe Valeria Arena e Simona Giorlando diventano gioielli preziosi. Insimulab è il loro laboratorio, inondato dalla luce e dalla purezza delle linee, essenziali come gli arredi. Tutto dentro si ispira al Mediterraneo, dai colori alle forme, alle materie prime. Un passato al lavoro tra le botteghe artigiane di Arezzo per Valeria, studi di Agraria per Simona. Entrambe in comune hanno la scelta di voler restare in Sicilia, “nonostante la fatica”. La loro clientela è composta da residenti e stranieri che apprezzano le loro lavorazioni a sbalzo, incisione e cera persa. Su un banco di legno zincato lavorano a creazioni in metallo e pietre dure, a fianco ospitano le creazioni di Craclè e a rotazione quelle di altri artigiani della rete Alab.
Qui sono nati oltre cento strumenti per Conservatori e musicisti
Ignazio Muliello, classe 1938, costruisce strumenti ad arco dagli anni Settanta e in quarant’anni ne ha creati più di cento tra violini, viole, viole d’amore, violoncelli, contrabbassi e anche due chitarre. Impeccabile nel suo camice bianco, il colore dei suoi capelli che raccontano di una lunga esperienza maturata in questa antica forma di artigianato. C’è sapienza antica nella sua arte sin dalla selezione del tipo di legno. Un’esperienza maturata sin da piccolo nella bottega del padre Giuseppe, ebanista, e con lui ha collaborato al lavoro di intaglio e di ebanisteria. I suoi strumenti ad arco sono richiesti da musicisti professionisti di conservatori e teatri della Sicilia. Non a caso nel 2008, alla seconda edizione del concorso nazionale di liuteria contemporanea Città di Pisogne, Ignazio Muliello ha ricevuto una menzione speciale per l’impegno alla ricerca della liuteria siciliana.
Sete, paglia, legno, cuoio come in una soffitta segreta
La putìa delle sorelle Bellomo sembra una soffitta segreta dove andare a caccia di tesori, in una dimensione sospesa tra presente e passato. Tra specchi, armadi della nonna e mobili d’epoca campeggiano tantissimi articoli che cambiano a seconda delle stagioni, borse di lino, caftani di seta o cachemire, tessuti damascati, uova di Pasqua o palle di Natale in tela decorata, barattoli di vetro pieni zeppi di bottoni e passamanerie, “coffe” di paglia, collane e orecchini con teste di Moro o ruote di carretti siciliani. La passione per l’ago e il filo l’hanno trasmessa i nonni materni: lei modista, lui fabbricava paralumi dietro il palazzo delle Poste centrali. Lana, ricami, sete, paglia, legno e cuoio i materiali usati, e se avete il pollice nero, non disperate: i perfetti cactus in maglia in veri vasi di terracotta, pezzo forte delle sorelle Bellomo, ingannerebbero chiunque.
L’architetto-designer con la passione dell’oreficeria
Vitalba Canino è architetto e designer di gioielli. Progetta e realizza oggetti unici e lontani dai cliché della gioielleria tradizionale. Una passione esplosa subito dopo la laurea in Architettura e dopo numerose esperienze oltre lo Stretto. Nel 2007 ha cominciato a dedicarsi all’assemblaggio di pietre dure e catene e ha seguito corsi di “smalti a fuoco” alla Scuola orafa ambrosiana di Milano. Lavora principalmente l’argento, ma anche l’ottone bagno oro e talvolta l’oro, realizzando gioielli spesso geometrici e non convenzionali, le cui fonti d’ispirazione sono svariate, principalmente tratte dalla natura ma anche dallo studio di gioielli prodotti da antiche civiltà a partire da quelli etruschi. Da qualche tempo si è inoltre dedicata anche alla produzione di borse, stole, cappelli e accessori, che disegna personalmente e fa realizzare da artigiani locali.
Il forno che macinava con l’asino e che ora dona ai bisognosi
L’arte di impastare e lievitare viene da lontano. Dieci anni prima che Garibaldi entrasse a Palermo da Porta dei Termini c’era già un Lo Coco che panificava nel cuore di Ballarò, nella bottega di via Collegio di Maria al Carmine. Ad assicurare ai clienti rimacinati, mafalde e brioches era il forno “Stella”, un tempo a legna: l’odore del pane lievitato e dei biscotti quaresimali si spandeva invitante per i vicoli. Nello spazio accanto al vicolo i Lo Coco avevano persino la mola azionata dall’asino, che serviva per macinare il grano. Il forno era anche chiamato “del Venerdì”, un nome dovuto alla vicina congregazione delle Anime sante del Purgatorio. Nel 2003, Roberto Lo Coco ha rinnovato tutto, ma è rimasto l’imprinting originale. Ogni giorno il forno dei Lo Coco produce duecento chili di pane e una parte dell’invenduto è donato ai bisognosi del quartiere.
Lo storico calzolaio dove adesso si mangia la pizza
Il negozio è un gioiellino intatto, trasformato in pizzeria e hamburgheria nel rispetto dell’insegna e degli scaffali originali. Il fondatore, Francesco Grillo arriva da Ventimiglia nel pieno della guerra, quando le scarpe sono un bene prezioso. Lui non fa il calzolaio, ma vende articoli ai calzolai della città: ci sono i “tacci” per salvaguardare le scarpe dei contadini, e i “ferretti” per far durare più a lungo le punte di quelle dei cittadini. Alle calzature dei bambini, poi, via via che il piede cresceva, si tagliava la punta e si rifaceva la suola: i mocassini chiusi diventavano sandali. Grillo, abile artigiano, aveva soltanto la terza elementare, ma era un personaggio geniale e con le mani d’oro, interpellato perfino dal Comune di Ventimiglia per la redazione dei disegni del piano regolatore. L’insegna e gli scaffali del negozio sono opera sua. Al fondatore successe il genero, Filippo Modica. Di recente la trasformazione in luogo del food.
Cuoio e acquarelli per adulti sognatori
Grembiule da lavoro e ditali in cuoio compongono la divisa di Alessio Colli, statistico con la passione per l’artigianato che divide con gli acquerelli di Rosa Lombardo quest’oasi di luce in centro storico. “Di matematica e geometrie ce ne sono parecchie anche nel cuoio”, dice. Cilindri, custodie per strumenti musicali, scatole, cartelle, mensole, porta pc, astucci, porta tabacco e cinture sono gli oggetti realizzati e tra i più richiesti. Accanto, gli acquarelli di Rosa campeggiano su carta e tessuti con il marchio “Larotellina”. Architetto con la passione per la pittura, Rosa Lombardo alle spalle ha un’esperienza da grafico pubblicitario e una collaborazione con una grande azienda di ricami. I colori del Mediterraneo sono la sua fonte di ispirazione, ma la sua musa è una Palermo che sembra raccontata da Gianni Rodari: barche in cielo, pesci volanti, grandi balene. Per adulti sognatori.
Qui nacque l’elisir per l’acqua e “zammù”
Un quadernetto con la copertina nera di dieci centimetri per quindici, conservato in cassaforte, custodisce dal 1813 la ricetta segreta con cui i fratelli Tutone preparano lo zammù, forse già inventato dagli arabi, capace di trasformare un bicchiere d’acqua in una bevanda dissetante e gustosa: si tratta di una versione nuova e “unica” (da qui l’appellativo “unico” sull’etichetta) creata utilizzando l’anetolo che si vendeva in farmacia, cioè l’olio essenziale che si ricava dai semi dell’anice stellato. La storia comincia in un chiosco in piazza Fieravecchia, poi chiamata piazza Rivoluzione, dove si vendevano bevande e tabacchi. Molti gli aristocratici diretti al Teatro Santa Cecilia che si fermavano in carrozza a dissetarsi. Adesso che la produzione è su scala industriale, è rimasta la sede di Palazzo Ajutamicristo, acquistata nel 1948 a pochi passi dal vecchio chiosco, a ricordare le origini.
Torte, cioccolata e golosità dove ci si sente a casa
Un luogo in cui sostare e riprendere possesso del proprio tempo: è questa l’idea che anima la cioccolateria di Enzo Di Michele e di sua moglie Roberta Milazzo, tra lo Steri e la chiesa della Gancia. Una “cioccolateria fatta a mano”, sotto ogni aspetto. Nel laboratorio Roberta prepara le torte, i biscotti e i dolci esattamente come farebbe nella sua cucina, gli ingredienti e le ricette sono quelli genuini delle torte casalinghe. In sala Enzo – un passato da attore nella compagnia di Emma Dante – accoglie i clienti suggerendogli un senso di rilassatezza e ironia. Il nome della cioccolateria è quello del loro bambino. Dal banco dei cioccolatini alle teiere dal gusto retrò, dalla musica scelta sempre con cura fino al delizioso spazio esterno realizzato con la tecnica del riuso creativo nell’intercapedine tra due palazzi. Un posto perfetto per una storia d’amore.

Un viaggio nella storia del costume di scena
Già nel 1845, il nome Giuseppe Pipi figura in un manifesto del Teatro Regio Carolino di Palermo. Il Pipi dell’Ottocento, però, muoveva i suoi passi come “teatrante”, termine che all’epoca indicava una figura poliedrica, dall’impresario al tecnico di palcoscenico. E sempre come “teatranti”, nella Belle Epoque dei Florio e nelle scintillanti prime del Massimo, la famiglia Pipi diventa un punto di riferimento. Già negli anni Trenta, i Pipi producevano spettacoli in ogni loro parte, ma la vera svolta avvenne, nel dopoguerra, quando Giuseppe e Tonino Pipi, padre e figlio, acquistarono ciò che rimaneva di una sartoria teatrale milanese finita in fallimento. Oggi la famiglia, che continua a produrre spettacoli, ha esportato la propria arte sartoriale anche al di fuori della Sicilia, ma il cuore di tutto è la bottega di via Spedalieri, diretta da Francesca, Paolo e Massimiliano.
La più antica della città, fondata da ex monaci
Il posto è lo stesso di oltre un secolo fa, cosi come gli arredi e le scaffalature, scolpite da antichi ebanisti. È probabilmente la più antica farmacia di Palermo, attestata sin dal 1852, di proprietà degli ex monaci Rizzuto, che continuavano a esercitare la professione appresa in convento, cioè la preparazione di ricette galeniche e medicamenti. La farmacia ha origine dal laboratorio di fine ‘700 che si trovava all’interno del vicino convento di Sant’Antonio da Padova. Nel 1894 viene acquistata da Ignazio Teresi, successivamente passa al figlio Pietro e poi ancora alla nipote Maria, attuale titolare. Entrare alla farmacia Teresi è un tuffo nel passato, perché grazie al restauro conservativo degli arredi non è difficile immaginare dietro il banco i vasi allineati e destinati alle preparazioni galeniche, quando ai farmacisti era chiesto di conoscere anche le proprietà delle piante.
Pezzi di ricambio introvabili per radio e tv d’epoca
Le radio d’epoca non hanno segreti per Giuseppe Abbate, un elettrotecnico cinquantenne con l’esperienza di un ultracentenario. La stessa passione e manualità del padre Pietro, classe 1935, radiotecnico anche lui e impiegato alla Farem, Fabbrica apparecchiature radio elettro meccaniche, nata negli Anni Cinquanta in piazza Sant’Onofrio a Palermo. Suo padre cominciò da autodidatta dopo la fine della guerra. Di una passione ne fece un mestiere e aprì un piccolo laboratorio in casa dove Giuseppe Abbate ascoltava a quattro anni le canzoni da un antico grammofono. Oggi la sua attività è in via dei Cantieri 84. Nel suo laboratorio, in piccoli contenitori numerati, conserva migliaia di preziosi e rarissimi pezzi di ricambio per i collezionisti di radio e tivù d’epoca e anche per gli appassionati di modellismo. Ce n’è per tutti: dalle radio a galena, a quelle a valvole, a transistor sino alle moderne digitali.
Quando il ricamo è un’arte per la biancheria da letto o da tavola
Dice che basta una matita. È modesto Pietro Lo Verso. Crea disegni per ricami da quanto era ragazzino. Nel 1975 entrò da apprendista nel laboratorio di Giuseppe Ippolito in via Torremuzza 4, nel quartiere della Kalsa. La piccola bottega esiste dagli anni Quaranta. Non tutti sanno che solo da un bel disegno può nascere un bel ricamo. E per questo ci vuole abilità, estro e senso delle proporzioni. Pietro Lo Verso li possiede tutti, se è vero che vengono da mezza Sicilia per affidarsi alla sua professionalità. Donne che ancora apprezzano la bellezza della biancheria da letto o da tavola ricamata a mano. Complementi d’arredo che fanno bella la casa. Linee, forme geometriche o volute, Pietro Lo Verso le realizza su sottile carta velina per essere poi trasferiti sui tessuti con una tecnica molto particolare. E i segni diventano ricami. Capolavori di una tradizione artigianale che resiste con al tempo.

Quel magico spicchio di cielo al centro della Kalsa
Il fascino della chiesa a cielo aperto cattura chiunque. Lo Spasimo è il simbolo del centro storico ritrovato. I lavori di costruzione iniziarono nel 1509 a opera dei monaci olivetani: il complesso però non venne mai completato in quanto, nel 1536, l’aggravata minaccia dell’armata turca indusse il vicerè di Sicilia don Ferrante Gonzaga a costruire un baluardo a ridosso della chiesa e del convento. Nel 1520 si arricchì di un capolavoro: lo “Spasimo di Sicilia” di Raffaello, ora esposto al Prado di Madrid, protagonista di un celebre giallo storico. Nel 1582 la chiesa venne adibita a spettacoli, ma nel secolo successivo divenne lazzeretto durante l’epidemia di peste. A metà del Settecento crollò la volta della navata centrale, che non verrà mai più ricostruita.
Qui nacque il “giardinetto” per festeggiare Garibaldi
Era una delle più famose sorbetterie dell’Ottocento, quando il Foro Italico era popolato di carrozze e di signore con le trine e l’ombrellino da sole, quando il mare era ancora vicino alla riva e i bambini del popolo facevano il bagno lì. Fu fondato da Giuseppe Cacciatore, personaggio mitico che le foto ritraggono con baffi spioventi, nel 1860, per festeggiare l’entrata di Garibaldi. Poco dopo inventò un gelato rosso, verde e bianco (fragola, pistacchio e cedro), l’antesignano dell’attuale “giardinetto”. Crispi era un frequentatore abituale. Franca Florio amava il sorbetto alla fragola e Vittorio Emanuele Orlando il gelato di caffè imbottito con la panna. Allora l’attività prendeva il nome del suo titolare, “Giuseppe Cacciatore gelatiere”. Tra i suoi dodici commessi c’era il dodicenne Giovanni Ilardo che, alla sua morte, divenne titolare della sorbetteria e diede il suo nome al locale storico.
Il giardino per la moglie del vicerè
Allegorie, elementi simbolici, sottili rimandi a concetti filosofici e alla massoneria, rendono Villa Giulia un luogo carico di bellezza e mistero. Costruita tra il 1775 e il 1777 per volere del pretore Antonio La Grua in onore della moglie dell’allora vicerè Marcantonio Colonna, è il primo giardino pubblico a Palermo, il terzo in Europa.
Questo giardino, nonostante le trasformazioni che ha subito nel corso dei secoli, caratterizza ancora oggi una zona al limite con l’antico perimetro delle mura, a due passi dal mare e da un altro polmone verde della città, l’Orto Botanico. Dal piano generale della Villa alle singole statue che la popolano, niente è lasciato al caso, ma tutto è frutto di precise scelte che fanno di questo giardino un vero e proprio microcosmo.