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30 Via D'Ossuna

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Abstract

I mobili in miniatura fatti con i legni antichi
Da piccoli si comincia così, un po’ per gioco e un po’per emulazione. Si osservano i gesti dei grandi e poi si cerca di imitarli. È stato così per Rosario Lannino. Tra l’odore del legno vecchio e la colla a caldo, ci passava le giornate da bambino nella bottega del padre Domenico, ebanista come il nonno Matteo e gli zii Giovanni e Salvatore. Nel laboratorio di famiglia, all’epoca in corso Alberto Amedeo, osservava suo padre restaurare mobili antichi o riprodurne di nuovi a regola d’arte. Da lui ha imparato a riconoscere le diverse essenze del legno e a distinguere gli stili delle diverse epoche. Le stesse tecniche utilizzate dal padre, Rosario le applica su mobili di dimensioni fino a tre, quattro volte più piccoli riutilizzando il legno vecchio. Dice di averne riprodotti almeno un centinaio. Comò, scrittoi e secrétaire in stile francese dalla metà del Seicento alla fine del Settecento.
Mappa


Sulle tracce dei frantoio dell’antica Akragas, nel regno di Demetra e Kore e delle divinità di voragini e abissi
Un posto magico, il luogo più alto dell0antica città ellenica, da dove di dominava per intero la splendida città di Akgaras. Ma la Rupe Atenea non era soltanto il luogo da dove godere di un panorama mozzafiato: nell’area sono infatti stati trovati i resti di un frantoio ellenistico e uno dei templi delle divinità ctonie: dèi appartenenti alle profondità, siano abissi marini che voragini terrestri. Un tempio oggi parzialmente incorporato nella chiesetta medievale di San Biagio, di cui ancora si conservano il basamento e una parte delle strutture isodome dei lati. Un luogo di culto che doveva essere dedicato alle celebrazioni in onore di Demetra e Kore, così si è dedotto alla presenza di statuette e busti fittili. Neanche le altre divinità del sottosuolo venivano comunque dimenticate: l’intera area era dotata di un complesso sistema di canalizzazione delle acque, strutturato in funzione ai templi delle divinità ctonie, probabilmente per specifiche funzioni religiose. E che la Rupe Atenea avesse da sempre un richiamo mistico, è ipotizzato anche da tracce di rituali religiosi di epoca preistorica.
Le vecchie carte dei mercati diventano quaderni preziosi
Far diventare prezioso ciò che la gente normalmente getta via: è questa una delle caratteristiche delle Edizioni Precarie di Carmela Dacchille e Giulia Basile. Le diverse carte alimentari che nei mercati di Palermo servono per avvolgere il cibo – pesce, carne, verdura – diventano così taccuini, carte da lettera, cartoline: un materiale “usa e getta” si trasforma un raffinato oggetto artigianale ideale per avvolgere i pensieri di chi lo possiede. Un progetto di design artigianale e grafica, nato dall’amore per Palermo e per i suoi mercati storici, che è in continua evoluzione perché si nutre dello scambio e della sinergia con altri artisti. Nel loro Spazio Precario, infatti, le due creative ospitano anche progetti altrui: grafici, designer, e fotografi che con i loro lavori danno avvio a nuovi racconti. Quasi ogni mese si tengono workshop legati alle arti grafiche e alle tecniche pittoriche sperimentali.
Il rifugio antiaereo dove si rivive la guerra
Chi ha vissuto l’esperienza diretta della Seconda Guerra mondiale ricorda un suono sinistro, che spesso coglieva all’improvviso, di giorno, o di notte, costringendo tutti a precipitarsi fuori dalle case. Le sirene annunciavano un imminente bombardamento. I cittadini si riversavano nei rifugi, bunker sotterranei, che di solito riuscivano a resistere alla pioggia di ordigni sganciati dagli aerei, ma il rischio di crolli e di rimanere intrappolati c’era comunque. Uno di questi ricoveri venne realizzato alle spalle del Convitto “Alfredo Cappellini” in viale Boccetta. Era stato scavato nella collina alluvionale, esempio unico nel suo genere nell’Italia meridionale, attrezzato per ospitare fino a mille sfollati. Durante l’ultimo conflitto, il 94 per cento degli edifici cittadini subì danni, poiché Messina pagò il suo ruolo strategico di porta della Sicilia. Questo luogo trasuda storia di dolori, stenti, paure, speranze di sopravvivere e di dimenticare gli orrori della guerra. Oggi, dopo i restauri, grazie a fotografie, manifesti, giornali, divise, armi, cartografia, medaglie e cimeli vari esposti, torna la memoria storica.

Storia del cinema e antiche mappe nell’ex stabilimento industriale
Dopo un’operazione di riqualificazione dell’area delle raffinerie di zolfo – estratto dalle miniere dell’entroterra siciliano – in prossimità della stazione e del porto, i camini per la dispersione dei fumi provenienti dalle fabbriche sono diventati ciò che oggi è il centro fieristico polifunzionale Le Ciminiere. Questo prezioso esempio di archeologia industriale ospita anche alcune mostre permanenti, come il museo dello Sbarco in Sicilia del 1943, che racconta la storia del secondo conflitto mondiale in Sicilia attraverso fotografie d’epoca, registrazioni, riproduzioni in scala e reperti; quello del Cinema che – partendo dallo sviluppo tecnico fino all’evoluzione stilistica – racconta l’invenzione della settima arte. Affascinante anche la mostra permanente di carte geografiche antiche della Sicilia/Collezione La Gumina, con oltre 140 cartine databili dal XV al XIX secolo, portolani e atlanti tascabili.
Il locale nato nel Dopoguerra dall’ex garzone di cucina
Anno 1944, nasce l’osteria “Al Ferro di Cavallo” in via Venezia, nel vecchio centro storico. Il fondatore è Giuseppe, noto come Pinuzzo, che prima lavorava in una fabbrica di cassette di legno per agrumi da esportare, spazzata via dalla guerra. Dopo il conflitto, Giuseppe divenne il garzone del ristorante alle spalle del Teatro Biondo. Mille lire settimanali la sua paga. Per arrotondare cominciò a industriarsi in cucina: fagioli con sedano, fave con verdura, polpette di sarde, tutti piatti che ancora si preparano nell’odierna trattoria “Ferro di cavallo” dalle pareti rosse, di cui è titolare dal 1980 Franco Ciminna, figlio di Pinuzzo, con i suoi figli Giuseppe e Valerio. Al vecchio menu hanno aggiunto il bollito di vitello, la caldume in brodo, le polpette di carne perché “nonostante la crisi, siamo un po’ più ricchi e la carne possiamo permettercela”.
Dove Leonardo Sciascia gustava il gelato al gelsomino
Leonardo Sciascia la citò in un articolo sul giornale l’Ora del 1965 a proposito del gelato al gelsomino. Ed è così: dopo un periodo di pausa, dovuto alla difficoltà di raccogliere i fiori, adesso il gelsomino è tornato, insieme con altre decine di gusti. Ma all’apertura di gusto ce n’era solo uno, che dava il nome al locale: Biancaneve, una sorta di crema-panna. Gli inizi sono legati alla memoria della guerra. Domenico Lucchese, nonno dell’attuale titolare, aveva investito in questa nuova attività dopo avere avuto un forno, ma si trovò presto a fare i conti con una città piegata dai bombardamenti. La svolta con lo sbarco degli americani: il primo giorno in cui i soldati Usa arrivarono a Palermo, realizzò l’incasso astronomico di 4.800 lire. Ma la storia del locale si intreccia pure con quella di Franco Franchi, sfollato durante la guerra a Monreale insieme con la famiglia Lucchese, dalla quale in quei tempi duri era aiutato.
Il tempio paleocristiano con le tracce degli antichi affreschi
Si trova a Ortigia, nel quartiere della Graziella, ed è conosciuta anche come San Pietro dentro le mura. Questa chiesa ha un fascino particolare per le tante stratificazioni di cui è rimasta traccia, dall’epoca paleocristiana ai giorni nostri. Costruita nel IV secolo, ricavata dalla pietra viva, in stile bizantino, fu riedificata nel periodo medievale e modificata in seguito, secondo lo stile rinascimentale e poi barocco. Salva da terremoti e bombardamenti, è stata però, a lungo, abbandonata e, infine, sconsacrata. Gli interventi all’interno, a metà del secolo scorso, hanno profondamente reinterpretato gli spazi, nel tentativo di recuperare l’aspetto originario. All’esterno, da ammirare lo splendido portale a cuspide con bassorilievi floreali e una formella circolare raffigurante la “Croce”. L’interno è spoglio, ma si conservano frammenti degli affreschi bizantini che un tempo ricoprivano l’intera basilica. Particolare l’effetto di contrapposizione luci-ombre.
Le baracche dei rigattieri nate nel Dopoguerra
Tra alcune baracche di lamiera costruite dagli stessi rigattieri, l’oggetto più antico l’ha creato la natura: è l’albero. Enorme, con le radici che sollevano l’asfalto e la chioma che si allarga sotto i tetti. La posizione è strategica, a due passi dalla Cattedrale, sotto terra si incontravano i fiumi Kemonia e il Papireto. La sua storia inizia nel 1949 quando Giuseppe Virruso, raccoglitore di ferro e cuscinetti a sfera, trasportò articoli usati sul suo carrettino dalla dimora dei principi Lanza di Trabia a Terre Rosse: fu quello il primo nucleo del mercatino di antiquariato. Spulciando tra le varie bancarelle potrete intercettare il tavolo basso che volevate per il salotto, la poltrona o la sedia che desideravate, il vaso imperdibile, le piastrelle giuste per la vostra casa. Anche se il luogo meriterebbe un intervento profondo, il sapore del passato è palpabile nell’aria.
Marmi mischi e candidi stucchi, il trionfo del Barocco
La costruzione della magnifica chiesa barocca venne iniziata dalla Compagnia di Gesù nel 1616, grazie anche al contributo di laute donazioni. L’edificio fu consacrato nel 1638, ma nel 1767, anno dell’espulsione dei Gesuiti, non era stato ancora ultimato. Il progetto originario è attribuito all’architetto Natale Masuccio, autore della celebre Casa Professa a Palermo, mentre il prospetto si deve a Francesco Bonamici. All’interno, risplendono marmi mischi e stucchi di Bartolomeo Sanseverino, allievo di Giacomo Serpotta. Di particolare pregio la cappella di Sant’Ignazio, opera di Giovanni Biagio Amico nell’abside; l’icona marmorea dell’Immacolata di Ignazio Marabitti; i dipinti del fiammingo Geronimo Gerardi. Attigui alla chiesa sono l’ex collegio e la casa dei Gesuiti, che, a seguito della confisca dei beni da parte dello Stato nel 1866, divennero sede del Regio Liceo e pure del Tribunale.
Laboratorio e centro espositivo Ogni visita è una sorpresa
E‘ un luogo fuori da ogni schema, un po’ laboratorio, un po’ centro espositivo, con borse, lampade, cuscini, fotografie, collane. Di sicuro questo laboratorio di design è una fabbrica creativa, una fucina di progetti dove trovare pezzi già pronti o dove commissionare pezzi unici. Ospiti fissi sono Junkle di Ilaria Sposito e Amvisual di Antonio Massara: il connubio tra un’artigiana del riuso che reinventa continuamente forme con i materiali che le capitano tra le mani e un fotografo (analogico) e scrittore alla ricerca di storie nei dintorni. Un laboratorio in continua trasformazione, dove ogni visita non è mai uguale alle precedenti: dagli oggetti ai racconti fotografici, dagli accessori per donna alle sedute e alle lampade in vela riciclata, ma ci sono anche i monili di Elena, di Moma e Azelia Elia. Tutti figli di passione e curiosità.
Il giardino per la moglie del vicerè
Allegorie, elementi simbolici, sottili rimandi a concetti filosofici e alla massoneria, rendono Villa Giulia un luogo carico di bellezza e mistero. Costruita tra il 1775 e il 1777 per volere del pretore Antonio La Grua in onore della moglie dell’allora vicerè Marcantonio Colonna, è il primo giardino pubblico a Palermo, il terzo in Europa.
Questo giardino, nonostante le trasformazioni che ha subito nel corso dei secoli, caratterizza ancora oggi una zona al limite con l’antico perimetro delle mura, a due passi dal mare e da un altro polmone verde della città, l’Orto Botanico. Dal piano generale della Villa alle singole statue che la popolano, niente è lasciato al caso, ma tutto è frutto di precise scelte che fanno di questo giardino un vero e proprio microcosmo.
Design e riciclo creativo Qui ogni capo è un’invenzione
Il rigore delle macchine da cucire a pedale e l’estro del design che reinterpreta stili e mode, il palermitano che prende appuntamento per farsi confezionare un abito da cerimonia o la turista che volteggia con una gonna: c’è tutto questo all’interno della sartoria Maqueda, spazio atelier di Alice Salmeri, dove si trovano abiti e accessori fatti a mano dalla stilista. Laurea al Polimoda di Firenze, parentesi lavorative in Toscana e Danimarca, una linea ecosostenibile, “Mitzica recycle” basata sul riciclo creativo lanciata nel 2005, quando l’idea del capo unico realizzato da uno scampolo sembrava pura avanguardia. “Mi piace l’idea di essere pioniera a casa. E poi mi mancava il clima”. Lo stesso che le permette di tenere tutto l’anno cappotti e costumi, per i tanti turisti che fanno tappa da lei, “ma ci sono anche clienti che fanno balli dell’800 e si fanno confezionare abiti su misura”.
Un viaggio affascinante dentro e sotto la scena
I lavori cominciarono nel 1870, ma a cantiere aperto scoppiò un contenzioso tra costruttori ed ente appaltante. Il Comune lamentava, infatti, che il cosiddetto arco armonico fosse sordo. Fu la consulenza del grande architetto Giovambattista Basile a dirimere la controversia e a consentire l’apertura al pubblico nel 1880. Nel 1946 il teatro venne intitolato a Luigi Pirandello, fiore all’occhiello di Agrigento per il suo premio Nobel, ma successivamente, per varie vicissitudini, restò chiuso per quarant’anni fino alla storica riapertura del 1995. Dal teatro si accede all’ipogeo dell’Acqua Amara, chiamato così per l’acqua che scorreva nelle viscere della terra che evidentemente non era gradevole. Fa parte del complesso sistema di cunicoli che garantivano l’approvvigionamento idrico in città. Ancora dibattuta, tra gli studiosi, l’ipotesi di un presunto utilizzo militare.
La cucina di casa da oltre un secolo all’Albergheria
Era il 1904 quando a Ballarò un bersagliere con la passione per la buona cucina aprì la sua trattoria. Ancora oggi l’atmosfera è la stessa: pare di stare in una casa privata con la gente che parla da una tavola all’altro a voce altissima. Gli avventori storicamente sono quelli dell’Albergheria, ma da qualche anno i clienti arrivano da ogni parte della città per assaggiare la tipica cucina siciliana. Funziona sia come taverna sia come ristorante. Il nuovo proprietario Francesco Battaglia, detto Lollo, aveva solamente vent’anni quando ha deciso di rilevare l’attività e da quattordici anni la gestisce come fosse l’estensione di casa sua. La specialità che consiglia a chi lo chiede è la pasta con la glassa. Un piatto “povero” ed eccezionalmente gustoso, caratteristica di tante pietanze siciliane. In questo caso si tratta del fondo di cottura dello spezzatino.
Caravaggio, Antonello e le altre meraviglie. Ecco il luogo dei capolavori
I fiori all’occhiello sono due preziose opere di Antonello e altre due di Caravaggio, ma anche le splendide sculture manieriste “Scilla” e “Nettuno” di Montorsoli. E c’è tanto altro da ammirare nel nuovo Museo, che ha finalmente aperto i battenti l’anno scorso dopo oltre trent’anni di cantiere a più riprese. Il MuMe accoglie i visitatori nella sua struttura espositiva all’avanguardia, circondata da un grande parco verde, dove sono dislocati frammenti architettonici pre-terremoto, rimasti per un secolo a giacere nei depositi a causa della mancanza di spazio. Il Museo offre un percorso completo, a partire dall’età greca fino ai primi anni del Novecento, secondo un criterio cronologico e con un apparato di didascalie differenziate cromaticamente. Valorizzata la collezione del Museo Civico Peloritano. Dopo il 1908 era stata salvata, ma esposta solo parzialmente nei locali di un’antica filanda, adibita a sede museale sino a qualche anno fa, il cosiddetto Museo vecchio, attiguo al nuovo.

Storia del cinema e antiche mappe nell’ex stabilimento industriale
Dopo un’operazione di riqualificazione dell’area delle raffinerie di zolfo – estratto dalle miniere dell’entroterra siciliano – in prossimità della stazione e del porto, i camini per la dispersione dei fumi provenienti dalle fabbriche sono diventati ciò che oggi è il centro fieristico polifunzionale Le Ciminiere. Questo prezioso esempio di archeologia industriale ospita anche alcune mostre permanenti, come il museo dello Sbarco in Sicilia del 1943, che racconta la storia del secondo conflitto mondiale in Sicilia attraverso fotografie d’epoca, registrazioni, riproduzioni in scala e reperti; quello del Cinema che – partendo dallo sviluppo tecnico fino all’evoluzione stilistica – racconta l’invenzione della settima arte. Affascinante anche la mostra permanente di carte geografiche antiche della Sicilia/Collezione La Gumina, con oltre 140 cartine databili dal XV al XIX secolo, portolani e atlanti tascabili.
Il tempio del caciocavallo fondato settant’anni fa
L’intenso profumo di cacio arriva ancor prima che il cliente riesca a varcare l’ingresso di quel regno di prelibatezze. G. Formaggi, dall’iniziale del cognome della famiglia Garofalo che lo gestisce ininterrottamente dal 1948, è il punto di riferimento per gli appassionati di caciocavallo di mezza Sicilia. A ogni ora della giornata, la piccola bottega di corso Olivuzza (come è conosciuto corso Camillo Finocchiaro Aprile) è pieno di clienti. Quei parallelepipedi perfetti, in ordine e in bella mostra sugli scaffali di legno, di stagionatura e pezzatura diversa, tutti prodotti a Montelepre, sono il core business della bottega, premiata nel 2016 come negozio storico dalla Cidec. Ad affettare pecorino e parmigiano, canestrato e primosale, ci sono Salvatore e Giuseppe, figli di Gaetano Garofalo, che a 88 anni si vede spesso in negozio per inebriarsi degli odori della sua creatura.
La storica “tavola d’acqua” sopra i cunicoli dei Beati Paoli
Secondo gli anziani del quartiere, sotto questo chiosco si troverebbe il tribunale segreto e sotterraneo della leggendaria setta dei Beati Paoli, i giustizieri incappucciati. Di certo c’è che questo chiosco racconta la storia dell’acqua e dei suoi mestieri. Fino agli inizi del Novecento, le case dei palermitani non erano dotate di un sistema idrico adeguato. Per bere acqua fresca si doveva cercare l’”acquaiolu” o “acquavitaru”, un ambulante che girava di strada in strada offrendo la sua specialità: acqua fresca con anice. Quando gli acquaioli divennero stanziali nacquero le tavole d’acqua: un bancone di marmo all’aperto su cui erano sistemati fiori e frutta. Questo chiosco è l’ “evoluzione” della tavola d’acqua di Giuseppe Di Pasquale detto don Pidduzzo, uno dei più celebri acquaioli della città. Oggi il chiosco è gestito dai nipoti e dal genero, Salvatore Marrone.
Il tempio voluto dai normanni dopo la dominazione musulmana
Edificata nel 1199, per volontà del vescovo Lorenzo, la chiesa è tra i più significativi esempi di architettura normanna a Siracusa. Testimonianza importante, nella storia della riapertura delle chiese cristiane da parte dei normanni dopo la dominazione musulmana. Navata unica, finestrelle strette e profonde che rimandano alle feritoie di castelli e fortezze medievali. L’impianto originario, scevro dalle modifiche successive, si conserva solo nella zona absidale. Salvo pure il portale della parete settentrionale. Il terremoto del 1693, anche in questa chiesa, lasciò grandi ferite. Oggi gli interni, privi delle opere d’arte trasferite altrove, sono utilizzati come oratorio della vicina parrocchia del Carmine. Da ammirare il solaio a cassettoni e gli altari. Tra le sepolture gentilizie, si trova la tomba del beato Andrea Xueres, un predicatore proveniente da Malta.
L’arte dei tappeti d’Oriente diventata parte di Palermo
È uno spettacolo osservare le sue mani mentre restaura antichi tappeti ed è appassionante sentirlo descrivere i decori tipici delle ceramiche d’Oriente. Ataollah Shahidi (Ata per tutti) è arrivato a Palermo alla fine degli anni Ottanta da studente di Architettura. Per mantenersi mise a frutto l’arte del restauro dei tappeti imparata nelle botteghe artigiane di Rasht, la città sulle rive del mar Caspio dove è nato. Lo faceva per occupare il tempo durante le vacanze scolastiche. Il suo negozio/laboratorio è in via Vittorio Emanuele al piano terra di Palazzo Isnello. Al suo fianco la moglie Soodabeh Behjat. All’esperienza di Ata Shahidi è stato affidato alcuni anni fa il restauro dei tappeti orientali e la pulizia degli arazzi dopo l’incendio a Villa Malfitano. E tra i suoi clienti c’è stato anche l’onorevole Sergio Mattarella prima della sua elezione a Presidente della Repubblica.