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Abstract

L’architetto-designer con la passione dell’oreficeria
Vitalba Canino è architetto e designer di gioielli. Progetta e realizza oggetti unici e lontani dai cliché della gioielleria tradizionale. Una passione esplosa subito dopo la laurea in Architettura e dopo numerose esperienze oltre lo Stretto. Nel 2007 ha cominciato a dedicarsi all’assemblaggio di pietre dure e catene e ha seguito corsi di “smalti a fuoco” alla Scuola orafa ambrosiana di Milano. Lavora principalmente l’argento, ma anche l’ottone bagno oro e talvolta l’oro, realizzando gioielli spesso geometrici e non convenzionali, le cui fonti d’ispirazione sono svariate, principalmente tratte dalla natura ma anche dallo studio di gioielli prodotti da antiche civiltà a partire da quelli etruschi. Da qualche tempo si è inoltre dedicata anche alla produzione di borse, stole, cappelli e accessori, che disegna personalmente e fa realizzare da artigiani locali.
Mappa

Le antiche cave dei supplizi diventate giardino paradisiaco
Un luogo che trasuda storia e storie di patimenti. La Latomia dei Cappuccini, una delle più grandi del territorio di Siracusa, nel VI secolo avanti Cristo era una cava dalla quale si estraevano materiali per l’edilizia. Ma nel 413 divenne luogo di orribili supplizi. In occasione della spedizione ateniese contro Siracusa, infatti, i nemici greci fecero una terribile fine: imprigionati nelle viscere della terra, in gran parte morirono. Successivamente, la latomia fu destinata a necropoli. Alla fine del 1500, i frati di un convento vicino fecero crescere rigogliosi orti e giardini. E fu la catarsi. Questo luogo diventò un posto dolce e ameno, meta nei secoli successivi di tappe di importanti viaggiatori, nell’ambito del Grand tour. Ecco, per esempio, come Patrick Brydone descriveva le antiche latomie: “Sono senza dubbio uno dei luoghi più belli e romantici che io abbia mai veduto. Il giardino è tutto tagliato in una roccia dura come il marmo, composta di un conglomerato di conchiglie, ghiaia e altro materiale marino”.
Tra i presepi e i gioielli dei “mastri curaddari”
All’interno del complesso dell’Annunziata, lì dove il tempo sembra essersi fermato, nei primi anni del Novecento sorge il museo intitolato ad Agostino Pepoli, nobiluomo trapanese – proprietario di buona parte delle collezioni esposte – dove è possibile ripercorrere il passato di Trapani dalla preistoria al XIX secolo, con particolare riferimento alle arti decorative e applicate nelle quali la città tra i due mari, tra il XV e il XVII secolo, si distinse soprattutto per la lavorazione del corallo ad opera dei “mastri curaddari”. Tante anche le realizzazioni in maiolica, gli ori, gli argenti e le sculture presepiali, dove il corallo diventa protagonista assoluto ed è ulteriormente adornato da smalti e pietre preziose.
Un tuffo nel candore degli stucchi di Serpotta
Nel cuore del centro storico, ecco la chiesa di San Lorenzo, sorta tra il 1650 e il 1655, probabilmente sui resti di un edificio preesistente. Costituisce un raro modello di “barocchetto” siciliano, divulgato in Sicilia dagli scultori palermitani della bottega del grande Giacomo Serpotta, il genio dello stucco, l’artista che diede a questo materiale povero la dignità del marmo. Da ammirare, quindi, la decorazione settecentesca, di chiara scuola serpottiana, su disegni del Maestro. Gli stucchi sfarzosi ricoprono le pareti interne della chiesa, con un apparato allegorico composto da otto statue di donna, trattate a tutto tondo, personificazione delle Virtù morali. La cupola è decorata con un immenso e vorticoso affresco del pittore agrigentino Michele Narbone, secondo gli stilemi illusionistici del tempo.
L’antica insediamento francescano ritratto anche da Antonello
Le sue imponenti absidi merlate sono raffigurate nel famoso dipinto “La Pietà con tre angeli” di Antonello da Messina, esposto al Museo Correr di Venezia. Edificata nel 1254, la chiesa di San Francesco faceva parte del primo complesso religioso dell’Ordine in Sicilia, costruito in onore del santo, 28 anni dopo la sua morte, per volere di alcuni nobili messinesi. La dedica all’Immacolata è successiva e si spiega con la forte devozione della città al culto mariano. Dai crolli del 1908 si salvarono solo le absidi. L’edificio venne ricostruito, spostandolo però di alcuni metri per far posto agli uffici dell’Intendenza di finanza. Dopo i nuovi danni dei bombardamenti, fu ristrutturato nel 1954 e riaperto al culto. Nel 1965, nella piazzetta della chiesa che presenta un gran rosone sulla facciata, è stata collocata una statua bronzea di san Francesco, opera dello scultore messinese Antonio Bonfiglio. All’interno, è originale una parte del pavimento policromo. Di pregio la settecentesca statua argentea dell’Immacolata.
Il “salotto” di designer e artisti nell’atrio della dimora storica
“Un luogo per curiosi”: così definiscono il loro studio con spazio espositivo Federica Tutino e Bruna Cattano, architette di formazione e artigiane per passione. L’hanno aperto nel 2016 e subito è diventato un punto di incontro per designer e artisti che nello spazio, oltre l’atrio di palazzo Campofiorito, espongono i loro prodotti e tengono workshop. In esposizione anche i lavori di entrambe, architetti e designer. Tutino, con il brand Tuti, realizza elementi di arredo e design ispirandosi alla natura. Cattano, con Rizma, lavora su tessuti e carte utilizzando diversi metodi di stampa, dal block printing tramite matrici intagliate, alla serigrafia. All’interno ci si muove come in un giardino sospeso nel tempo, tra borse riciclate, stampe, tessili e tavolini in legno e ferro. “La natura è una forma d’arte superiore”, dice Federica, che realizza anche oggetti in resina su misura.
Un viaggio nel tempo tra libri e antiche macchine
Il libro che più li ha emozionati nel loro lavoro di rilegatori è un manoscritto del 1100 in pergamena. I due fratelli Barone portano avanti la storica legatoria, aperta nel 1917 dal padre alle spalle del Teatro Massimo. Fin da bambini hanno imparato i segreti del mestiere, già a cinque anni frequentavano la bottega. Entrare dentro la legatoria Barone è come compiere un poetico viaggio nel tempo. La pressa a torchio che usano ancora ha più di duecento anni, la macchina per cucire i libri ne ha settanta: una modernità visto che il padre ha iniziato cucendoli a mano. Le pareti delle due stanze sembrano fatte di carta, rivestite come sono da scaffali pieni di volumi in lavorazione, di libri commissionati e mai ritirati, di risme e scatole piene di fogli. Il lavoro di una vita e insieme i ricordi: ritagli di giornale che parlano della loro attività, fotografie e il ritratto del padre di cui custodiscono l’arte antica.

Il chiosco sul mare con il gelato dalla ricetta segreta
Da un lato la tonnara Bordonaro, davanti Monte Pellegrino, alle spalle il mare. In questo scorcio di Vergine Maria si gusta il gelato artigianale fatto con i prodotti di stagione e i cannoli e le cassate prodotte con ricotta freschissima. È il privilegio di sedere a un tavolino del bar La Vela, fondato nel 1974 da Nino Lo Cicero. Un chioschetto senza pretese, dove bastano due chiacchiere e ci si sente a casa. La crema di ricotta si trova da fine novembre ad aprile, perché viene acquistata ogni settimana sempre dallo stesso pastore di Prizzi fino a quando non comincia il caldo. Le fragoline arrivano da Sciacca, il pistacchio da Bronte, le arance e i limoni dal giardino del proprietario a Vergine Maria. Guai a chiedere un gelato che non sia di stagione: il cliente sarà guardato come un alieno. E ancor peggio aspirare a conoscere i segreti della preparazione: sono assolutamente segreti.
Lettere, documenti, cartoline Qui ci si prende cura della memoria
Una lettera danneggiata, un documento storico, una cartolina particolarmente cara, ma anche foto dei bisnonni o di un tempo ormai perduto. Il passato ritrova nitidezza tra le sapienti mani di Maria Anna Giordano, che da vent’anni dirige uno studio fotografico nell’antico Cassaro, a pochi metri dalla Cattedrale, specializzandosi in restauro digitale. Anche le fotografie vivono una nuova vita grazie a questo trattamento. Attraverso l’impiego di software dedicati è possibile realizzare tutti quegli interventi inattuabili con la metodologia classica: ripristino del contrasto originale, ricostruzione delle parti abrase o mancanti, riequilibratura tonale e cromatica, recupero di dettagli e particolari altrimenti invisibili a occhio nudo. Entrare in questo piccolo negozio è come immergersi nella vita di chi non c’è più, immortalato in una eterna giovinezza.
Raku, oggetti di design, taccuini di quattro amici art-designer
Dal comune progetto artistico di quattro amici, nel 2012, nasce Craclè.“Craclè” altro non è che la frattura che caratterizza tutti i vasi in argilla realizzati secondo la tecnica giapponese della ceramica Raku, di cui Giulia Agnello e Davide Calafato sono gli artigiani. Ma qui sono ospitate anche le creazioni di Maria Angela Ignoti, già artigiana per Taliami e MixTURe, imprese culturali per la produzione di borse e accessori di design fatti a mano, e i taccuini della grafica e fotografa Gae Milazzo, le cui illustrazioni sono riprodotte utilizzando particolari utensili del Novecento. Ciò che accomuna questi quattro art-designer è da una parte la volontà di creare dei progetti unici, che siano frutto di una precisa scelta culturale ed estetica, e dall’altra l’attenzione ai materiali, tutti tratti da elementi naturali: l’argilla, la carta, la stoffa.
Qui nacque l’elisir per l’acqua e “zammù”
Un quadernetto con la copertina nera di dieci centimetri per quindici, conservato in cassaforte, custodisce dal 1813 la ricetta segreta con cui i fratelli Tutone preparano lo zammù, forse già inventato dagli arabi, capace di trasformare un bicchiere d’acqua in una bevanda dissetante e gustosa: si tratta di una versione nuova e “unica” (da qui l’appellativo “unico” sull’etichetta) creata utilizzando l’anetolo che si vendeva in farmacia, cioè l’olio essenziale che si ricava dai semi dell’anice stellato. La storia comincia in un chiosco in piazza Fieravecchia, poi chiamata piazza Rivoluzione, dove si vendevano bevande e tabacchi. Molti gli aristocratici diretti al Teatro Santa Cecilia che si fermavano in carrozza a dissetarsi. Adesso che la produzione è su scala industriale, è rimasta la sede di Palazzo Ajutamicristo, acquistata nel 1948 a pochi passi dal vecchio chiosco, a ricordare le origini.
Quel profumo inebriante nel cuore della città d’arte
Maestri torrefattori da quattro generazioni, hanno fatto di quel negozio alle spalle di piazza Bellini, in pieno itinerario arabo-normanno, un punto di riferimento storico per gli amanti del caffè. Fu Giovanni Stagnitta, nel 1922, a fondare la “Torrefazione Ideal” nella vicina piazza Venezia e a trasferirla in Discesa dei Giudici, dopo l’alluvione del 1931. I locali conservano il caratteristico mobilio e due sculture lignee del maestro ebanista D’Angelo raffiguranti la filiera del caffè. La concorrenza sul mercato ha spinto l’azienda a elevare la qualità puntando su materie prime d’eccellenza, lavorando prodotti come il Kopi Luwak e il Jamaica Blue Mountain. La scrittrice palermitana Giuseppina Torregrossa ha ambientato tra quei profumi il libro “La miscela segreta di casa Olivares”. Da maggio 2017 l’azienda è “Tessera preziosa del Mosaico Palermo”.

Le opere di quel che Picasso definì il più grande disegnatore d’Europa
“Greco è il più grande disegnatore che abbiamo in Europa”: non ha usato mezzi termini un artista del calibro di Pablo Picasso per definire le opere di questo figlio di Catania, che fu scultore, scrittore e illustratore italiano.
Il museo venne aperto negli anni Novanta e inaugurato personalmente da Emilio Greco in un luogo che lo lega indissolubilmente al compositore Vincenzo Bellini: occupa infatti alcuni ambienti del Palazzo Gravina Cruyllas dei Principi di Palagonia, sede anche del Museo civico belliniano e prima abitazione del compositore. Dal museo è possibile ammirare i fasti dell’edificio attraverso cui l’antica famiglia Gravina Cruyllas manifestava la propria potenza: dalla cappelletta agli stemmi che ne decorano il soffitto dell’atrio di ingresso.
Le opere di Greco sono 150, autografate e datate tra il 1955 e il 1992, ma soprattutto dense di un tratto originalissimo. Oggi, dopo un temporaneo periodo di chiusura, il museo custodisce anche quelle dello scultore catanese Eugenio Russo.
Dalla preistoria alla civiltà bizantina. Il grande diario di Siracusa
Costruito su progetto dell’architetto Francesco Minissi, inaugurato nel 1988 nel parco di Villa Landolina, il Paolo Orsi non è pensato per essere un museo di contemplazione del bello quanto piuttosto come un vero e proprio laboratorio, in cui si raccoglie e si restaura, oltre che esporre. Ma, soprattutto, in cui le opere e i reperti – a qualsiasi epoca appartengano – siano chiave di lettura di un territorio a cui la struttura è profondamente legato. Un percorso lungo e articolato, che parte dalle culture preistoriche di Pantalica, Palazzolo Acreide, Noto, Calascibetta, e con i preziosi calchi di due elefanti nani ritrovati nella grotta di Spinagallo. Da non perdere la sezione dedicata alle colonie greche della Sicilia nel periodo ionico e dorico, con l’imponente kouros di Megara Hyblea, ma anche testimonianze di come a quei tempi viveva il quotidiano questo pezzo di Grecia in Sicilia: dalle ceramiche alle sculture, ai corredi funebri, fino alle sculture delle sub colonie, come la kore in trono (seconda metà del VI sec. avanti Cristo) da Grammichele. Una parte è dedicata anche alle testimonianze di età cristiana e bizantina, con un’iscrizione del culto di Santa Lucia risalente al V secolo.
Il luogo dove i francescani curavano gli appestati
Nel 1574, a Martogna, sulle falde di Monte Erice, a prodigarsi per i poveri appestati erano i francescani terziari. In quell’anno, la famiglia del nobile Berardo Di Ferro donò loro la propria chiesa di famiglia intitolata a san Rocco, a condizione di non cambiarne il nome. Il santo, guarito dalla peste, era stato taumaturgo e appartenente all’ordine francescano. Il priore Michele Burgio curò l’ampliamento della chiesa e il completamento. Nel 1878 l’edificio barocco venne trasformato in ufficio postale, tanto che ancor oggi qualcuno chiama il San Rocco la Posta Vecchia. Poi chiuso fino al 2012, infine destinato a oratorio, polo culturale e museale, dove sono esposte opere di artisti noti, come Carla Accardi, e di altri emergenti. Oggi si presenta come un laboratorio di confronto culturale della Chiesa con il mondo dell’arte.
L’arte romanica tra gli ulivi e “Il Signore della Nave”
La chiesa di San Nicola, nascosta tra ulivi secolari, è uno dei maggiori esempi di architettura cistercense tardo-romanica della Sicilia. L’edificio, costruito in epoca normanna, fu ampliato nel 1219 dai frati cistercensi di Santa Maria di Adriano. Il convento, invece, fu fondato nel 1426 dal beato Matteo Cimarra, che introdusse in città il movimento dell’Osservanza francescana. Due contrafforti circoscrivono lo splendido portale gotico caratterizzato da cinque archi a sesto acuto. L’interno, a un’unica navata, ha la rara presenza dell’iconostasi: una struttura divisoria con funzione di separazione tra il quadratum populi e la parte monastica. Sono presenti opere liturgiche di valore artistico, tra le quali il Crocifisso ligneo del XV secolo, chiamato “Signore della Nave”, al quale si ispirò Luigi Pirandello nel dramma omonimo.
Il luogo di devozione dei marinai risparmiato dal sisma
La chiesa del Buonviaggio, “sponsorizzata” dalla famiglia del sacerdote Lorenzo Abate, sorse fuori le mura, alla fine del 1500. In un piccolo borgo di pescatori, era un luogo di conforto e preghiera per i naviganti. Sul prospetto principale, le statue di Gesù e Maria, ancor oggi al loro posto nonostante calamità naturali e numerosi rimaneggiamenti, sostenevano, un tempo, due lampade a olio, per illuminare simbolicamente lo Stretto e l’attività della gente di mare. Ma la chiesa era chiamata anche ⎼ e lo è tuttora ⎼ “del Ringo”, perché nella spiaggia antistante, in epoca medievale, si disputavano tornei con i cavalli berberi, come pure nel vicino rione Giostra si svolgevano le “giostre” dei cavalieri. All’inizio del Seicento, fu affidata alla Congregazione di Gesù e Maria di padre Antonio Fermo. Ai giorni nostri, l’antica devozione alla Madonna del Buonviaggio si rinnova grazie all’omonima confraternita. La chiesa è uno dei pochi edifici di culto rimasti quasi indenni nel 1908 e presenta al suo interno importanti opere d’arte del XVII-XVIII secolo, tra cui una grande pala di Gaspare Camarda raffigurante il Trionfo della Croce e la tela della Madonna del Buonviaggio con in basso una veduta seicentesca della città.
I segreti degli antichi canestrai per tavoli, sedie e nasse
Vincenzo Ganci ha imparato i segreti dei canestrai andando a bottega a soli dieci anni. Nel dopoguerra ha aperto il suo laboratorio in via Carini e da venticinque anni si è trasferito in via Volturno. Insieme a suo figlio Arcangelo, fabbrica tavoli, sedie, nasse come lampadari e cesti di vimini che oggi riempiono il negozio e la strada: tutti realizzati intrecciando i rami lunghi e flessibili alla stessa maniera in cui si faceva secoli fa. Il procedimento è sempre lo stesso: una conoscenza in cui il tempo e la pazienza fanno da protagonisti. Seduti uno di fronte all’altro, dentro il loro laboratorio, i due artigiani hanno una maestria tale che paiono suonare qualcosa a memoria. Non guardano le loro mani che intrecciano o la loro opera che prende forma, guardano piuttosto gli amici che vanno a trovarli: una sedia di vimini su cui sedersi è sempre a disposizione.
Pupari da cinque generazioni nel cuore di Palazzo Asmundo
Tutto è iniziato da don Cecè, nomignolo dato da Vincenzo Argento a un mucchietto di legnetti avanzati che scolpiva per fare dei pupi: era il 1893 e da allora l’antica arte del puparo si è tramandata in famiglia per cinque generazioni. Oggi a Palazzo Asmundo c’è questo piccolo teatro della tradizione siciliana dove ancora sono custodite le antiche tele dipinte a mano che facevano da sfondo alle gesta di Carlo Magno. Di quest’Opera dei Pupi è oggi titolare il nipote Vincenzo, ma tutti, in famiglia, si sono dedicati alla costruzione artigianale, alla sagomatura delle armature arabesche, usando metalli come l’ottone, l’alpacca, il rame e l’argento. La famiglia Argento organizza anche laboratori dove si impara a costruire e dipingere un pupo, e al 145 di corso Vittorio è possibile assistere a questa magia, in un piccolo antro dove sono affastellate braccia, gambe, costumi delle varie marionette.
Arredi e mobili d’epoca nella sede nata nell’Ottocento
Tante le famiglie di ottici a Palermo, pochi hanno mantenuto la vecchia sede. Ognibene è uno di questi. A dimostrare la “storicità” dell’attività c’è un attestato di benemerenza che Giuseppe Ognibene ha ricevuto a Firenze in occasione del primo centenario dell’attività di ottico che fu iniziata dal nonno nel 1877. Oggi l’attività è arrivata alla quinta generazione, curata dal figlio di Giuseppe, Pierluca, e dalla moglie, ma nel piccolo negozio al Cassaro pezzi degli arredi e mobili d’epoca riportano a un nobile passato: dalla cassettiera in legno al mobile porta lenti che si scorge in vetrina, con su incise le iniziali del proprietario originario, che si chiamava anche lui Giuseppe Ognibene. Quando si entra, ci si poggia su un banco antico in legno, con il vetro a vista, dove si intravedono occhiali antichi, monocoli, strumenti ottici di precisione e antichi binocoli. Tutto targato fine ‘800-inizi ‘900.
La scarpa su misura da scegliere a suon di musica
Calzature artigianali personalizzate esposte insieme a dischi in vinile in uno spazio che sintetizza il gusto e la passione dei suoi proprietari: Bizio Rizzo e Marilena Sardina. Non un semplice negozio ma uno “studio artigianale” in cui progettare il proprio paio di scarpe seduti sul comodo divano di pelle, guidati dalla musica in sottofondo che ne suggerisce lo stile. Ci si può lasciare ispirare dal punk, dal rock o dal pop, scoprendo storie e mondi legati alla musica di cui Rizzo è appassionato ma anche, in quanto musicista, protagonista. Il tutto sotto la supervisione di sua moglie Marilena Sardina che disegna e progetta le calzature, realizzate poi nella fabbrica di famiglia, la Scius Italia. Tre generazioni di artigiani calzaturieri che dal 1945 seguono i dettami della migliore tradizione del Made in Italy nella scelta dei materiali e nella lavorazione del prodotto.