Informazioni Utili


Apertura

Informazione presto disponibile

Indirizzo

111 Vicolo Raisi

Biglietto

Informazione presto disponibile

Accessibilità

Informazione presto disponibile

Note

Informazione presto disponibile

Abstract


Da chiesa medievale a sede di preziose raccolte

Tra stemmi araldici di nobili famiglie trapanesi e busti di personaggi illustri, una scalinata conduce alla sala lettura ricavata nella duecentesca chiesa di San Giacomo Maggiore. Biblioteca civica dal 1830, l’anno successivo fu intitolata a Giovanni Battista Fardella, ministro della guerra del Regno delle Due Sicilie e collezionista d’arte che ne volle la fondazione, donando il proprio patrimonio librario. Il busto in marmo del benefattore, insieme ad altri, si trova fra due colonne di origine araba, sulle quali sono incisi versetti del Corano. Circa 170 mila sono i volumi custoditi (molti i manoscritti, gli incunaboli, le cinquecentine), di vario contenuto, appartenuti per lo più agli ordini religiosi soppressi. Tra le raccolte assai preziose, quella delle stampe incise dal veneto Giovanni Battista Piranesi.

COMING SOON

Mappa


Biblioteca-Fardelliana-2.jpg 5 anni fa
  • Devi essere loggato per poter scrivere un commento
Biblioteca-Fardelliana-3.jpg 5 anni fa
  • Devi essere loggato per poter scrivere un commento
Biblioteca-Fardelliana-1.jpg 5 anni fa
  • Devi essere loggato per poter scrivere un commento
3 risultati
Votazioni
In evidenza/Non in evidenza
Gestita/Non Gestita
Chiesa-di-San-Pietro-1.jpg
Via San Pietro, Trapani, TP, Italia 0.11 km

Cinque navate e l’organo dei record

La tradizione racconta che sia stata la prima chiesa cristiana edificata a Trapani, su un tempio pagano. Più volte ricostruita nell’arco dei secoli, San Pietro nella seconda metà del 1700 fu ampliata e restaurata con la partecipazione dell’architetto Giovanni Biagio Amico, ma subito dopo rimaneggiata dal suo allievo Lugiano Gambina. Nel 1968, a causa del terremoto nella valle del Belice, rimase danneggiata. In seguito, è stata consolidata e ristrutturata. Unica chiesa trapanese con cinque navate, conserva al suo interno opere di artisti locali del XVII secolo, quali i dipinti di Andrea Carreca, un Crocifisso di Giuseppe Milanti e il “San Pietro in cattedra” di Mario Ciotta. Custodisce anche l’organo più complesso d’Europa, realizzato tra il 1836 e il 1847 da Francesco La Grassa, in grado di riprodurre, grazie a un ingegnoso meccanismo, i più poliedrici effetti sonori.

Museo-San-Rocco-1.jpg
Via Turretta, 12, Trapani, TP, Italia 0.2 km

Il luogo dove i francescani curavano gli appestati

Nel 1574, a Martogna, sulle falde di Monte Erice, a prodigarsi per i poveri appestati erano i francescani terziari. In quell’anno, la famiglia del nobile Berardo Di Ferro donò loro la propria chiesa di famiglia intitolata a san Rocco, a condizione di non cambiarne il nome. Il santo, guarito dalla peste, era stato taumaturgo e appartenente all’ordine francescano. Il priore Michele Burgio curò l’ampliamento della chiesa e il completamento. Nel 1878 l’edificio barocco venne trasformato in ufficio postale, tanto che ancor oggi qualcuno chiama il San Rocco la Posta Vecchia. Poi chiuso fino al 2012, infine destinato a oratorio, polo culturale e museale, dove sono esposte opere di artisti noti, come Carla Accardi, e di altri emergenti. Oggi si presenta come un laboratorio di confronto culturale della Chiesa con il mondo dell’arte.

Chiesa-del-Collegio-dei-Gesuiti-1.jpg
Corso Vittorio Emanuele, 12, Trapani, TP, Italia 0.22 km

Marmi mischi e candidi stucchi, il trionfo del Barocco

La costruzione della magnifica chiesa barocca venne iniziata dalla Compagnia di Gesù nel 1616, grazie anche al contributo di laute donazioni. L’edificio fu consacrato nel 1638, ma nel 1767, anno dell’espulsione dei Gesuiti, non era stato ancora ultimato. Il progetto originario è attribuito all’architetto Natale Masuccio, autore della celebre Casa Professa a Palermo, mentre il prospetto si deve a Francesco Bonamici. All’interno, risplendono marmi mischi e stucchi di Bartolomeo Sanseverino, allievo di Giacomo Serpotta. Di particolare pregio la cappella di Sant’Ignazio, opera di Giovanni Biagio Amico nell’abside; l’icona marmorea dell’Immacolata di Ignazio Marabitti; i dipinti del fiammingo Geronimo Gerardi. Attigui alla chiesa sono l’ex collegio e la casa dei Gesuiti, che, a seguito della confisca dei beni da parte dello Stato nel 1866, divennero sede del Regio Liceo e pure del Tribunale.

MOI-(MUSEUM-OF-ILLUSIONS)-1.jpg
Via Mercè, 2, Trapani, TP, Italia 0.28 km

Nella casa dei prodigi e delle illusioni ottiche

La stanza di Ames, la stanza delle anomalie di gravità, la sedia di Beuchet. Non sono titoli di favole, anche se in un certo senso ci hanno a che fare: sono le illusioni ospitate dal Moi (Museum of illusions). Una realtà giovanissima – il museo è nato a Trapani nel 2017 – frutto dell’attenta ricerca sui limiti della percezione umana e su tutti quei “trucchi” che, ci piaccia o no, riescono ancora ingannare la mente, ad affascinarla.
Andando a spasso per il Moi, quindi, vi imbatterete in moltissime illusioni geometriche, prospettiche, di movimento, immagini ambigue ed illusioni di colore.
Ogni “illusione” è ovviamente spiegata e risolta con l’aiuto della scienza, ma anche, per i più piccoli, attraverso laboratori didattici in cui i partecipanti scopriranno come riconoscere le illusioni ottiche e quali sono gli elementi che regolano la percezione visiva. Con l’occasione di creare con le proprie mani un’illusione ottica, e magari di portarsi pure a casa il proprio piccolo prodigio.

CHIESA-DI-SAN-DOMENICO-E-CAPPELLA-DEI-CROCIATI-1.jpg
Salita San Domenico, Trapani, TP, Italia 0.31 km

Il Crocifisso dei prodigi dove riposano sovrani e cavalieri

Si trova nella parte più alta del centro storico e fu edificata dai domenicani, sui resti della chiesa di Santa Maria, durante il regno di Giacomo D’Aragona che, nel 1289, concesse il sito. Nonostante le trasformazioni e le modifiche subite nel corso dei secoli, la facciata conserva ancora un bel rosone trecentesco. All’interno, da ammirare l’affresco bizantineggiante della Madonna del Latte e la settecentesca cappella del Crocifisso, progettata da Giovanni Biagio Amico, che custodisce sull’altare un raro esempio di Crocifisso doloroso gotico. A questo Crocifisso si attribuiscono diversi miracoli: il primo durante un’epidemia di peste, quando iniziò a sanguinare il costato; il secondo, in un periodo di carestia, quando un bambino si inginocchiò chiedendo del pane e il simulacro, schiodato un braccio dalla croce, glielo porse. Dall’abside, dov’è sepolto Manfredi d’Aragona, si accede alla Cappella dei Crociati con affreschi dei secoli XIV e XV.

Chiesa-delle-Anime-Sante-del-Purgatorio-1.jpg
Via San Francesco D'Assisi, 33, Trapani, TP, Italia 0.36 km

I gruppi scultorei della processione dei Misteri

Tra i tanti, c’è un luogo molto speciale nel cuore di Trapani, che dalla fine degli anni ’50 è deputato alla custodia dei venti gruppi scultorei che vengono portati in processione durante i Misteri della Settimana Santa: la Chiesa delle Anime Sante del Purgatorio. È da qui, infatti, che ha inizio la Via Crucis del Venerdì Santo, in cui viene rappresentata la passione e la morte di Cristo e che trova la propria origine in una tradizione spagnola secolare tra le più importanti e antiche d’Italia. Era la fine del ‘600 quando Pietro Castro progettò la chiesa, che venne completata nel 1712, con la facciata barocca disegnata da Giovanni Biagio Amico, architetto trapanese molto attivo nelle opere artistiche della città, sepolto nella stessa chiesa. Duramente danneggiata durante il secondo conflitto mondiale, all’interno è imperdibile la pregevole sacrestia con le incisioni in legno di noce, arricchito dalle Anime del Purgatorio.

La-Salerniana-1.jpg
Via San Francesco D'Assisi, 54, Trapani, TP, Italia 0.41 km

Da carcere a museo. Ecco l’antica Vicaria

A dare il benvenuto ai visitatori sono due grandi telamoni sulla facciata esterna. Questo è uno dei più severi palazzi di Trapani, detto della Vicaria, perché qui aveva sede l’antico Tribunale. Sorto tra la fine del XVI secolo e gli inizi del XVII, venne poi ribattezzato Palazzo del carcere poiché l’edificio, fino al 1965, ospitò pure i detenuti. Nel 2015 è stato trasformato in Museo d’arte moderna e contemporanea, gestito dall’associazione La Salerniana. La collezione, raccolta grazie alle generose donazioni di alcuni artisti, comprende varie opere dagli anni Cinquanta a oggi. Tra i nomi, spiccano quelli di Carla Accardi, Pietro Consagra, Pino Pinelli. Nelle numerose sale, con un pregevole allestimento, coesistono diversi linguaggi artistici, tendenze e stili.

Cattedrale-di-San-Lorenzo-1.jpg
Corso Vittorio Emanuele, Trapani, TP, Italia 0.49 km

Tra stupore barocco e neoclassico

L’antico quartiere “palazzo”, nel cuore della città, in epoca aragonese fu suddiviso in due rioni: San Francesco e San Lorenzo. Fu qui che, intorno al 1420, il re d’Aragona Alfonso V il Magnanimo, diede l’assenso alla progettazione di una parrocchia cittadina. L’edificio attuale, però, nasce da un lavoro di rielaborazione degli spazi in stile barocco e neoclassico, avvenuto tra Settecento e Ottocento, su progetto dell’architetto locale Giovanni Biagio Amico. In occasione della nascita della diocesi di Trapani – voluta nel 1844 da Gregorio XVI – la chiesa di San Lorenzo fu elevata a Cattedrale e divenne sede vescovile. All’interno, tra affreschi e stucchi, spicca la statuetta del Cristo Morto, realizzato dallo scultore trapanese Giacomo Tartaglio con un tipo di marmo dello stesso colore dell’incarnato – quindi molto realistico – e la Crocifissione, tela del Seicento attribuita al pittore fiammingo Van Dyck.

Villa-Margherita.jpg
Viale Regina Margherita, 21, Trapani, TP, Italia 0.65 km

Dagli Stati Uniti a Trapani, l’omaggio di Enrico Fardella

Enrico Fardella, infaticabile uomo d’azione e politico trapanese, esponente della famiglia dei marchesi di Torrearsa, non era uno che amasse starsene con le mani in mano. Dopo avere inseguito i propri ideali anche negli Stati Uniti – fu tra i primi volontari di Lincoln mentre imperversava la guerra di secessione – tornò nella città natale per diventare sindaco. Qui, oltre che a progetti di bonifica e di innovazione, pensò anche a raccogliere specie vegetali e a metterle a disposizione della collettività, con un grande parco, aperto al pubblico nel 1889 e intitolato alla regina Margherita di Savoia. In questo spazio verde di 21mila metri quadrati – tra i viali alberati, un laghetto con oche, anatre e cigni neri e bianchi e voliere con diverse specie di uccelli, galli cedroni e pappagalli – si trovano anche frammenti del distrutto teatro Garibaldi.
Una vera e propria oasi in città, che ospita fra l’altro diverse specie di palma, un esemplare secolare di Phoenix dactylifera e due secolari esemplari di Ficus microcarpa.

Torre-di-Ligny-1.jpg
Via Torre di Ligny, 37, Trapani, TP, Italia 1.26 km

Lo spartiacque di difesa tra i due mari

Costruita nel 1671 a difesa della Sicilia, questa fortezza permette un tuffo in un’epoca in cui l’isola era al centro di incursioni: i turchi lottavano per i mari vicini e gli spagnoli, allora dominanti, erano alle prese sia con il restauro dei fortini esistenti , sia con la creazione dei nuovi. Una delle città cui si prestò più attenzione fu proprio Trapani, una delle più invase per la ricchezza di materie prime come il sale, il tonno e il vino. La torre, intitolata al Vicerè di Sicilia Claude Lamoral, principe di Ligne, fu eretta sulla punta più occidentale della falce della città antica. Oggi Torre di Ligny ospita il museo civico, con la sua collezione di reperti archeologici legati al territorio trapanese.

Museo-Pepoli-1.jpg
Via Conte Agostino Pepoli, 180, Trapani, TP, Italia 2.63 km

Tra i presepi e i gioielli dei “mastri curaddari”

All’interno del complesso dell’Annunziata, lì dove il tempo sembra essersi fermato, nei primi anni del Novecento sorge il museo intitolato ad Agostino Pepoli, nobiluomo trapanese – proprietario di buona parte delle collezioni esposte – dove è possibile ripercorrere il passato di Trapani dalla preistoria al XIX secolo, con particolare riferimento alle arti decorative e applicate nelle quali la città tra i due mari, tra il XV e il XVII secolo, si distinse soprattutto per la lavorazione del corallo ad opera dei “mastri curaddari”. Tante anche le realizzazioni in maiolica, gli ori, gli argenti e le sculture presepiali, dove il corallo diventa protagonista assoluto ed è ulteriormente adornato da smalti e pietre preziose.

Santuario-di-SS.jpg
Via Conte Agostino Pepoli, 178, Trapani, TP, Italia 2.63 km

La statua della Madonna  e la leggenda del cavaliere templare

La storia più antica di Trapani passa proprio da questo santuario, formato dalla chiesa e dal convento. È un edificio del XIV secolo in cui lo splendido rosone che sovrasta la facciata gotica, anche da solo, merita la visita. All’interno varie cappelle decorate, come quella che conserva la statua d’argento di Sant’Alberto, patrono della città; altre due sono dedicate rispettivamente ai pescatori e ai marinai, devoti da sempre alla Madonna di Trapani. Proprio a lei, infatti, è dedicata la cappella dietro l’altare maggiore, dove troneggia la sua trecentesca statua in marmo scolpita da Nino Pisano che – come leggenda vuole – fu donata alla città da un certo Guerreggio, cavaliere templare di ritorno dalla Siria, costretto ad approdare in Sicilia con la sua nave a causa di una tempesta.

Museo-del-Sale.jpg
Via Chiusa, Nubia, Paceco TP, Italia 4.05 km

Un lavoro d’altri tempi nell’antica fattoria del Seicento

Ignorare la vita che ruotava (e che, con presupposti diversi, continua a ruotare) attorno al mondo del sale, significherebbe perdersi una parte importantissima del territorio. Molto prima di entrare in questo baglio – un’antica fattoria-fortezza del Seicento adibita alla molitura del sale, con il grande mulino a vento annesso – vi sembrerà di essere stati catapultati in un luogo altro, in cui i ritmi della terra si confondono con le mani dell’uomo, che per secoli ha convissuto questo ambiente umido e particolarissimo, costellato da colline di sale che cambiano colore a seconda della luce del sole. Come un’insolita neve permanente, atterrata da chissà quale pianeta. Il museo, in contrada Nubia, si trova – non potrebbe essere altrimenti- nell’itinerario della via del Sale. All’interno, tra le vecchie foto in bianco e nero dei salinari, stanno gli antichi strumenti di un lavoro che ha saputo sopravvivere, adeguandosi ai tempi. Ecco i vecchi ruzzoli, per compattare il fondo delle saline, i cattedri, ceste per trasportare il sale, le pale di legno dei mulini, ntinni.
La tecnologia avanza, ma, dentro queste mura in pietra inframmezzate dalle caratteristiche porte dipinte, calpestando l’antico pavimento in cotto, qui si respira un’aria d’altri tempi. Che ancora profuma e pizzica, come il sale.

Tonnara_Ex-Stabilimento-Florio-1.jpg
Via Amendola, 29, Favignana, TP, Italia 18.95 km

Quando l’innovazione dava lavoro a un’intera isola

Le cronache raccontano che, per riprendersi dal lutto in seguito alla morte dei due figli piccoli, donna Franca Florio soggiornò a lungo a Favignana. Un’isola che doveva apparire rude e selvaggia, ai tempi, ma con cui i Florio avevano un legame solido e leale. Una storia che nasce nel 1841, quando la famiglia, intravedendo i grossi guadagni della pesca del tonno, prende in affitto la tonnara dai Pallavicini di Genova. Da qui all’acquisto da parte di Ignazio Florio delle intere isole di Favignana e Formica e dei diritti di pesca il passo è piuttosto breve. Ignazio non perde tempo: chiama un architetto del calibro di Giuseppe Damiani Almeyda, amplia e ristruttura la tonnara. Va oltre, anzi, costruendo lo stabilimento per la conservazione del tonno, introducendo il metodo della conservazione del pesce sottolio dopo la bollitura e inscatolamento. Una rivoluzione che farà il giro del mondo (all’Esposizione universale del 1891-92 l’intraprendente famiglia porterà la novità assoluta delle scatolette di latta con apertura a chiave), che richiederà manodopera e impiegherà per lungo tempo buona parte di favignanesi.
Oggi, questa straordinaria testimonianza di archeologia industriale – 32 mila metri quadri, una delle più grandi tonnare del Mediterraneo – rivive in un suggestivo spazio destinato a museo, con sale multimediali e l’organizzazione di eventi culturali. Ma, ancora, ostinatamente, riecheggia il nome dei Florio e di tutti i lavoratori che hanno fatto del tonno e della sua lavorazione un’eccellenza per moltissimi decenni.

3. ANTICA GASTRONOMIA ARMETTA.jpeg
Via dei Quartieri, 6, Palermo, PA, Italia 73.13 km

Il locale del buon formaggio nella vecchia borgata

Fuori dal centro, nella borgata di San Lorenzo, in una vecchia palazzina che ancora testimonia l’aspetto del vecchio quartiere prima dell’avanzata del cemento, dal 1926 è un riferimento per i buongustai, con formaggi e salumi di qualità, specialità e sfizi. A iniziare l’attività, con lo spirito del pioniere,  è stato Salvatore Armetta detto Totò, a farne un riconosciuto tempio dei golosi il figlio Angelo, che ha puntato sulla sempre crescente attenzione per i prodotti di qualità e di nicchia. Così, nel 2001, 2003 e 2005, in occasione della Biennale di Bra, gli è stato conferito il massimo riconoscimento – quale ricercatore e conoscitore del settore – con l’attribuzione al negozio del titolo di “locale del buon formaggio”. Dal 1998 è gourmet europeo, dal 2000 è specializzato in banqueting, per la divulgazione della cultura siciliana a tavola.

Piazza Zisa, Palermo, PA, Italia 73.58 km

Dove i re normanni si sollazzavano d’estate

Questo è il luogo, per eccellenza, dove i potenti e illuminati re normanni si rifugiavano nel periodo della calura estiva, tra riposo e sollazzi. Voluto da Guglielmo I e poi completato da Guglielmo II, ricadeva all’interno del parco reale, il “Genoardo”, che si estendeva a perdita d’occhio. Il giardino era un’oasi con alberi, piante, fiori, frutti, fontane zampillanti e animali esotici. La Zisa, come suggerisce l’etimologia araba, era proprio “la splendida”. Ancor oggi esercita un grande fascino. Dentro, occhio alle nicchie, alle semicupole con decorazioni “ad alveare” e alla canaletta sul pavimento dove un tempo scorreva l’acqua refrigerante. Tutto da visitare, ascoltando anche le accattivanti leggende. Fuori non c’è più il “Genoardo”, ma il parco è sempre un gradevole polmone verde.

 

Villa-Malfitano-Whitaker-1.jpg
Via Dante Alighieri, 167, Palermo, PA, Italia 73.72 km

Magiche atmosfere ottocentesche e la lapide del cagnolino

Uno splendido giardino e una dimora affascinante in stile neo-rinascimentale. È Villa Malfitano Whitaker, realizzata tra il 1885 e il 1889 dall’architetto Ignazio Greco, su commissione di Giuseppe Whitaker, imprenditore inglese stabilitosi a Palermo. I saloni sfoggiano mobili di pregio e una vasta collezione di oggetti d’arte raccolti dal proprietario, durante i suoi numerosi viaggi: quadri, coralli, avori, porcellane e arazzi fiamminghi. Da ammirare i dipinti di Lo Jacono e gli affreschi di De Maria Bergler nella “Sala d’estate”. Nel giardino, in parte all’inglese e in parte all’italiana, da oltre un secolo fioriscono rigogliose piante rare provenienti da Tunisia, Sumatra, Australia, America meridionale. Fra le curiosità da scoprire, la lapide dedicata al giardiniere e quella all’amato cane dei Whitaker, Tuffy-Too.

 

domus artis 3.jpg
Piazza Boiardo Matteo Maria, 13, 90144 Palermo PA, Italia 73.96 km

Immagine sacre in cera, argento e corallo  Rivive la tradizione

Il Bambinello dormiente, il San Giorgio che trafigge il drago, la Santuzza Patrona di Palermo vengono rigorosamente scolpiti a mano e coreografati con coralli, argenti e pietre, rendendo unica ogni singola opera. Come gli antichi bambinai, Luigi Arini realizza presepi e immagini sacre in cera e decorazioni preziose, mettendo insieme tre antiche tradizioni siciliane: la ceroplastica, l’arte del corallo e degli argenti. Domus Artis è un’impresa familiare a due passi da Casa Professa e Ballarò, che perpetua le antiche tecniche seicentesche di cesellatura e lucidatura della cera. Nella realizzazione di ogni singola opera l’officina d’arte si attiene rigorosamente ai Canoni Tridentini, dove furono stabiliti materiali, colori e simbologia per l’iconografia religiosa cristiana. Ma Arini è capace di recuperare situazioni disperate, come quei bambinelli ridotti in mille pezzi, che con uso sapiente del calore possono tornare come nuovi.

42. G FORMAGGI - SALVATORE GAROFALO.jpg
Corso Camillo Finocchiaro Aprile, 129, Palermo, PA, Italia 74.13 km

Il tempio del caciocavallo fondato settant’anni fa

L’intenso profumo di cacio arriva ancor prima che il cliente riesca a varcare l’ingresso di quel regno di prelibatezze. G. Formaggi, dall’iniziale del cognome della famiglia Garofalo che lo gestisce ininterrottamente dal 1948, è il punto di riferimento per gli appassionati di caciocavallo di mezza Sicilia. A ogni ora della giornata, la piccola bottega di corso Olivuzza (come è conosciuto corso Camillo Finocchiaro Aprile) è pieno di clienti. Quei parallelepipedi perfetti, in ordine e in bella mostra sugli scaffali di legno, di stagionatura e pezzatura diversa, tutti prodotti a Montelepre, sono il core business della bottega, premiata nel 2016 come negozio storico dalla Cidec. Ad affettare pecorino e parmigiano, canestrato e primosale, ci sono Salvatore e Giuseppe, figli di Gaetano Garofalo, che a 88 anni si vede spesso in negozio per inebriarsi degli odori della sua creatura.

66. Opificio delle Arti - Il montaggio della vetrata nella basilica della Trasfigrazione sul Monte Tabor.JPG
Via Guglielmo Marconi, 69, Palermo, PA, Italia 74.25 km

La lavorazione artistica del vetro arrivata anche in Terra Santa

Nella lavorazione artistica del vetro è un maestro. Progetta, realizza e restaura vetrate e oggetti in vetro. Per apprezzare le sue creazioni bisogna visitare il suo laboratorio vicino all’antica stazione ferroviaria Lolli. Calogero Zuppardo, architetto, nato a Camporeale, ha riscoperto a metà degli anni Ottanta l’antica tradizione vetratista palermitana. La sua esperienza ha superato i confini siciliani e ha raggiunto la Terra Santa dove è stato chiamato per salvare dal degrado alcune opere d’arte dell’Ottocento e Novecento. Le vetrate nella Basilica della Trasfigurazione sul Monte Tabor e nella chiesa del Buon Pastore a Gerico. Insieme al figlio Vincenzo, architetto anche lui, Calogero Zuppardo ha progettato e realizzato nel 2014 la vetrata artistica per la cappella centrale all’interno del carcere Ucciardone, a Palermo. Ha dato vita all’Opificio delle arti e all’associazione Il Baglio, simbolo della condivisione di diverse esperienze di artigianato d’arte.

Mostro 1 risultati di 20 su 121

Editor Picks

ItalianEnglishChinese (Simplified)
Le Vie dei Tesori

Send this to a friend